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Jim Morrison, il cantante mancato dei Pink Floyd.

Ieri è stato un giorno funesto per il cinema italiano e per l’arte in generale: è morto Bernardo Bertolucci, un regista che per la sua fama è diventato un monumento internazionale, un mito vivente che ha rappresentato la cinematografia italiana nel mondo al pari di Fellini, Visconti, Antonioni, Rossellini, De Sica e tanti altri maestri, nomi di un empireo davvero affollato. Beh, ma io non scrivo molto di cinema, sebbene ne apprezzi le potenzialità comunicative. Diciamo che la notizia mi ha scatenato uno strano prurito dietro la nuca, e vi assicuro che non si tratta di sgradevoli ospiti zampettanti nella mia diradata foresta di cheratina. Oh, no. C’è qualcos’altro. Il tarlo – e dagli con gli insetti – della curiosità. Vediamo di analizzare. A quale film si pensa se si cita Bertolucci? C’è l’imbarazzo della scelta: Novecento, Il tè nel deserto, L’ultimo imperatore, Il piccolo Buddha. A me viene in mente Ultimo tango a Parigi. E perché? Perché è uno dei suoi film più celebri e contro

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Questione di pecore... e di fede.